Pecore Nere
Braccialetti. Una delle peculiaritĂ dellâattuale situazione pandemica â che ripropone ad ognuno la vecchia domanda su quale possa essere il senso di una vita degna che vada oltre la semplice sopravvivenza â Ăš quella di mettere un poâ piĂč a nudo certe sbarre della prigione sociale.
Non si ingannava quel filosofo di Stato quando qualche decennio fa affermava che si poteva prevedere lâabolizione del carcere grazie alla sua diffusione capillare a tutta la societĂ , piuttosto che la sua distruzione col mondo che ne necessita. Nel frattempo, come sempre, non stiamo assistendo ad un processo di sostituzione ma di accumulo. In materia energetica abbiamo il petrolio, il carbone, lâenergia nucleare e giganteschi campi eolici o impianti fotovoltaici che continuano ad alimentare un mortifero produttivismo. Allo stesso modo, in materia carceraria siamo di fronte non solo a massicci accampamenti di indesiderabili attorno alle frontiere, alla costruzione di nuove galere (15.000 posti di detenzione supplementari entro cinque anni), ma anche ad una moltiplicazione delle forme di reclusione allâesterno delle quattro mura. Se si dovesse fare un solo esempio, senza nemmeno menzionare i tradizionali arresti domiciliari e altre costrizioni, il piĂč indicativo sarebbe forse lâestensione del braccialetto elettronico. A fine dicembre, oltre ai 63.000 prigionieri stipati in carceri passate a modalitĂ covid (con sistemi di videoconferenza, restrizioni delle attivitĂ e dei permessi dâuscita), ad altri 11.000 Ăš stata allacciata alla caviglia una spia allarmata. Un aumento di guinzagli giudiziari elettronici che accresce le capacitĂ carcerarie dello Stato e ormai va di pari passo con la volontĂ di imporli sotto forma di misure di sicurezza post-carcerazione nei confronti di quei detenuti che perseverano nelle loro idee (a cominciare da chi ha appena scontato una condanna per âterrorismoâ). Eppure, a pensarci bene, essendo la prigione nullâaltro che lo specchio esacerbato di questa societĂ tecnologica autoritaria, come sorprendersi quando la maggior parte dei sudditi dello Stato â ribelli compresi â vanno giĂ a spasso fuori, volontariamente e permanentemente, con un microfono e un Gps in tasca, anche quando non stanno aspettando la fastidiosa chiamata di un padrone? CosĂŹ, con il pretesto del covid-19, i portuali di Anversa o di Gien (Loiret), i liceali di Pechino, i malati o i viaggiatori in quarantena provenienti dalla Corea del Sud e dalla Polonia possono essere costretti a portare un braccialetto della salute che rileva a scelta la loro temperatura corporea, calcola la distanza che li divide dagli altri esseri umani o ne verifica la posizione, amplificando un medesimo movimento dove ciascuno diventa il secondino di se stesso. Quando il confine fra reclusione forzata e auto-reclusione da confinamento, fra trasformazione totalitaria dello spazio urbano e architettura carceraria contemporanea, tra guinzagli e braccialetti elettronici, si fa sempre piĂč labile, la vita stessa â questo cuore a serramanico, come diceva il poeta â tende a diventare una pena in sĂ© nella vasta prigione sociale.
Ă ovvio che esiste una differenza fra aprire una porta da soli e subire lâarbitrio di un boia in divisa, fra un isolamento dove la luce del giorno penetra a malapena e le strade deserte per decreto, fra privazione del significato e sostituzione del contatto umano con quello delle macchine, ma occorre constatare che la vecchia metafora secondo cui il carcere non Ăš unâestensione della societĂ essendo piuttosto questâultima a costituirne lâestensione, non ha perso la sua pertinenza. Anzi, tuttâaltro. Quindi, se non possiamo evadere da una prigione sociale che ha ormai colonizzato tutto lo spazio, se le sue gabbie da bamboline russe si incastrano e si fondono lâun lâaltra, quale possibilitĂ ci resta, se non quella di distruggerla dallâinterno? Coltivando con cura un mondo tutto nostro, respingendo gli assalti di un dominio che mutila ogni giorno la nostra sensibilitĂ , devastando senza pietĂ le sbarre e i muri che ci tengono prigionieri. Tanti ostacoli alla libertĂ , che non sâincarnano piĂč solamente nella pietra e nellâacciaio, ma anche nelle reti diffuse in fibra di vetro e rame che corrono sotto i nostri piedi e volano sopra le nostre teste. Se quasi un centinaio di antenne-ripetitori sono state sabotate nel 2020 malgrado i vari confinamenti, il fatto che queste strutture costituiscano un anello supplementare delle nostre catene ha forse una qualche attinenza.
Passaporto sanitario. Nel corso dellâultima grande epidemia di peste conosciuta in Francia, avvenuta nel 1720 quando alcuni mercanti e notabili fecero sbarcare comunque il loro carico di stoffe e di cotone da una nave in quarantena nel porto di Marsiglia, furono impiegati due particolari tipi di dispositivi. Da un lato, usare gli schiavi delle galere, cioĂš i condannati ai lavori forzati, per far raccogliere i cadaveri dalle strade con le baionette, e poi gettarli in antichi bastioni e ricoprirli di calce viva. Dallâaltro, costruire un poâ piĂč a distanza un Muro della peste, sorvegliato giorno e notte dalle truppe francesi e papaline, allo scopo di isolare le regioni colpite e impedire che il bacillo si diffondesse sul resto del territorio. Beninteso, i ricchi avevano giĂ lasciato Marsiglia per rifugiarsi nelle loro bastie, ed essendo lâeconomia un imperativo irrinunciabile al di lĂ di ogni altra considerazione, i viticoltori facevano consegnare dagli uffici sanitari ai propri vendemmiatori un cartellino contrassegnato con lo stemma della cittĂ come lasciapassare. Fino alla fine dellâepidemia nel 1722, le autoritĂ emanarono cosĂŹ migliaia di salvacondotti attestanti che il loro vettore era in buona salute, mentre comunicavano le istruzioni reali qualora i residenti fossero stati sorpresi a varcare il muro: «Farli arrestare con ogni precauzione per non trasmettere [il Male], riportarli nel loro territorio e spaccar loro la testa davanti ai propri compatrioti, esempio assolutamente necessario per contenerli».
Quasi trecento anni piĂč tardi, nĂ© le prioritĂ di un sistema mortifero e neanche le ingiunzioni del potere sono in fondo cambiate, sebbene il covid-19 sia senzâaltro meno contagioso e mortale (prima di nuove mutazioni?) della peste nera. Certo, le tessere sanitarie si sono trasformate in certificati vaccinali prima dellâistituzione piĂč o meno esplicita di un passaporto sanitario, gli antichi lasciapassare comunali sono diventati attestazioni ministeriali su smartphone, lâautoritĂ religiosa delle multicolori guardie pontificie si Ăš tramutata in un potere scientifico in camice bianco, il Codex nazionale che regola la produzione di farmaci non raccomanda piĂč di ingurgitare pozioni a base di aceto, ma piuttosto di farsi iniezioni a base di RNA messaggero, e i refrattari al confinamento si fanno un poâ meno spaccare la testa e un poâ piĂč tassare (o entrambe le cose), mentre i forzati devono ancora trasportare cadaveri di contagiati in tutto il pianeta e scavarne le fosse. No, ciĂČ che Ăš cambiato radicalmente alle nostre latitudini sono altri tre secoli di addomesticamento statale: non câĂš bisogno di un Muro della peste quando una servitĂč volontaria unita alla tecnologia sembra essere sufficiente a limitare i movimenti collettivi del gregge. Quanto alle pecore nere mai attratte veramente dal loro odore, ci scommettiamo che sapranno ancora una volta esplorare strade secondarie per rifiutare lâaria dei pastori e attaccarli di sorpresa.
Fonte: Avis de Tempetes
Tradotto da: Finimondo
Avis de TempĂȘtes Numero 37 PDF
Fonte: Infernourbano.noblogs.org