Riceviamo e pubblichiamo:
EDITORIALE
Reinsediarsi nella profonditĂ , scoprendosi unici, di ciĂČ che si Ăš solito definire un corpo. Questo reinventarsi non ha niente a che vedere con unâontologia, unâorigine assoluta o un rinnovamento di un mito ma Ăš unâipotesi di relazione con lâimmediatezza del circostante, per debordare, per aprirsi con fierezza allâinaudito. Un ricominciamento per sollevare una cortina invisibile, per sfilare una fodera alquanto pesante. Spalancare quello scarto rispetto al precostituito delle discriminazioni secolari, per prendere le distanze dalle esclusioni tecniche di oggi.
Lâinaudito non nomina questo residuo, lo apre, lo scardina, lo oltrepassa, in quanto occultato nella nostra apprensione, di ciĂČ che sfugge allâinquadramento, alla registrazione e alla sistemazione del pensiero. Disfare per distruggere lâoggetto che porge grottescamente una via dâuscita sicura, la fede o la profezia, spodestando le abitudini, destabilizzando i punti di riferimento, per iniziare ad intraprendere ciĂČ che sfugge: un mondo che generiamo da dentro, il quale resta senza prospettiva, dove gli approdi rassicurano e la deriva la teniamo lontana come impossibile da sedurre.
La radicale estraneitĂ , non essendo pienamente liberata perchĂ© sorvola sulla riconfigurazione di ciĂČ che câĂš giĂ (resistere!) invece che donarsi a tuttâaltro (distruggere e creare), si volge in banalitĂ , ripetizione, militanza e familiaritĂ . La sua continua piattezza non si offre allâinimmaginabile, ma prende le sembianze di una patetica resilienza.
Le vite di ognuna si svolgono in unâambivalenza con la quale si Ăš in rotta. Se non si cerca lâinaudito si Ăš pronti a mercanteggiare con lâordinario. Invece, scorgere lâinaudito, sbatterci improvvisamente contro, significa fare a pezzi qualunque frontiera del possibilismo. Quando capiremo che lâinaudito puĂČ finalmente aprire a quanto di piĂč refrattario risulta per la psicopolizia del pensiero?
Di fronte abbiamo il dominio e i suoi (tecno)sbirri che lavorano al mondo nuovo attraverso un meccanismo di integrazione ed esclusione, di partecipazione e di repressione, difeso dai falsi critici che vorrebbero destituirlo invece che demolirlo. Affinché gli attacchi continuino a diffondersi e a moltiplicarsi, cosicché le nostre paludi restino impenetrabili ad ogni cartografia giornalistica, inestricabili per qualsiasi ipotesi poliziesca, per non esaurirsi nel marasma delle mille notizie che ingurgitiamo ogni giorno, Ú indispensabile dar loro ossigeno.
Per difendere ogni azione di rottura dai silenzi imbarazzanti del potere (chissĂ che a qualche incazzata venga in mente di cogliere il suggerimentoâŠ) e di alcuni suoi oppositori (chissĂ che a qualcuno venga in mente che lâazione possa anche parlare da solaâŠ), ma anche per aprire spazi di dibattito che possano rendere desiderante sempre piĂč una prospettiva di distruzione, senza schiacciare le diversitĂ .
Di fronte a tutti i beccamorti dellâazione che lascia senza parole Ăš il momento di prolungare gli atti in ogni culmine, ma anche di continuare ad approfondire ciĂČ che di potenziale Ăš ancora nascosto nel pensiero che comunica con lâagire.
Fonte: Infernourbano.noblogs.org