Dicembre 16, 2021
Da Inferno Urbano
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Riceviamo e pubblichiamo:

EDITORIALE

Reinsediarsi nella profonditĂ , scoprendosi unici, di ciĂČ che si Ăš solito definire un corpo. Questo reinventarsi non ha niente a che vedere con un’ontologia, un’origine assoluta o un rinnovamento di un mito ma Ăš un’ipotesi di relazione con l’immediatezza del circostante, per debordare, per aprirsi con fierezza all’inaudito. Un ricominciamento per sollevare una cortina invisibile, per sfilare una fodera alquanto pesante. Spalancare quello scarto rispetto al precostituito delle discriminazioni secolari, per prendere le distanze dalle esclusioni tecniche di oggi.

L’inaudito non nomina questo residuo, lo apre, lo scardina, lo oltrepassa, in quanto occultato nella nostra apprensione, di ciĂČ che sfugge all’inquadramento, alla registrazione e alla sistemazione del pensiero. Disfare per distruggere l’oggetto che porge grottescamente una via d’uscita sicura, la fede o la profezia, spodestando le abitudini, destabilizzando i punti di riferimento, per iniziare ad intraprendere ciĂČ che sfugge: un mondo che generiamo da dentro, il quale resta senza prospettiva, dove gli approdi rassicurano e la deriva la teniamo lontana come impossibile da sedurre.

La radicale estraneitĂ , non essendo pienamente liberata perchĂ© sorvola sulla riconfigurazione di ciĂČ che c’ù giĂ  (resistere!) invece che donarsi a tutt’altro (distruggere e creare), si volge in banalitĂ , ripetizione, militanza e familiaritĂ . La sua continua piattezza non si offre all’inimmaginabile, ma prende le sembianze di una patetica resilienza.

Le vite di ognuna si svolgono in un’ambivalenza con la quale si Ăš in rotta. Se non si cerca l’inaudito si Ăš pronti a mercanteggiare con l’ordinario. Invece, scorgere l’inaudito, sbatterci improvvisamente contro, significa fare a pezzi qualunque frontiera del possibilismo. Quando capiremo che l’inaudito puĂČ finalmente aprire a quanto di piĂč refrattario risulta per la psicopolizia del pensiero?

Di fronte abbiamo il dominio e i suoi (tecno)sbirri che lavorano al mondo nuovo attraverso un meccanismo di integrazione ed esclusione, di partecipazione e di repressione, difeso dai falsi critici che vorrebbero destituirlo invece che demolirlo. Affinché gli attacchi continuino a diffondersi e a moltiplicarsi, cosicché le nostre paludi restino impenetrabili ad ogni cartografia giornalistica, inestricabili per qualsiasi ipotesi poliziesca, per non esaurirsi nel marasma delle mille notizie che ingurgitiamo ogni giorno, Ú indispensabile dar loro ossigeno.

Per difendere ogni azione di rottura dai silenzi imbarazzanti del potere (chissĂ  che a qualche incazzata venga in mente di cogliere il suggerimento
) e di alcuni suoi oppositori (chissĂ  che a qualcuno venga in mente che l’azione possa anche parlare da sola
), ma anche per aprire spazi di dibattito che possano rendere desiderante sempre piĂč una prospettiva di distruzione, senza schiacciare le diversitĂ .

Di fronte a tutti i beccamorti dell’azione che lascia senza parole Ăš il momento di prolungare gli atti in ogni culmine, ma anche di continuare ad approfondire ciĂČ che di potenziale Ăš ancora nascosto nel pensiero che comunica con l’agire.

DARDI n°4 PDF




Fonte: Infernourbano.noblogs.org