Edito da Einaudi Editore, Torino, 1993, 340 p.
Si imprigiona chi ruba, si imprigiona chi violenta, si imprigiona anche chi uccide. Da dove viene questa strana pratica, e la singolare pretesa di rinchiudere per correggere, avanzata dai codici moderni? Forse una vecchia eredità delle segrete medievali? Una nuova tecnologia, piuttosto: la messa a punto, tra il Sedicesimo e il Diciannovesimo secolo, di tutto un insieme di procedure per incasellare, controllare, misurare, addestrare gli individui, per renderti docili e utili nello stesso tempo. Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Tutto un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze, si era sviluppato nel corso dei secoli classici negli ospedali, nell’esercito, nelle scuole, nei collegi, nelle fabbriche: la disciplina. Il Diciottesimo secolo ha senza dubbio inventato la libertà, ma ha dato loro una base profonda e solida, la società disciplinare, da cui dipendiamo ancora oggi.
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Nota dell’Archivio
-Traduzione del libro “Surveiller et punir. Naissance de la prison”, Editions Gallimard, Paris, 1975.
Fonte: Lemaquis.noblogs.org