
Con Mario Sanguinetti dell’esecutivo nazionale Cobas della Scuola, torniamo a parlare di temi cruciali riguardanti il precariato, le scelte governative di disinvestimento e della strada che prenderanno gran parte dei soldi del PNRR. Sono abbondantemente sopra i duecentomila i precari della scuola e poco più di ventimila sono quelli che andranno in pensione, secondo le prime stime ma il saldo rimane sempre negativo. Pur essendoci classi sovraffollate, in base al principio della massima efficienza che impone un numero minimo per plesso scolastico, il disinvestimento nella scuola va di pari passo con quello del sistema sanitario. A quello pensionistico, invece, ci hanno già pensato anni fa ma mentre in Francia stanno protestando in piazza in 3milioni in un solo giorno tra i tanti, per soli due anni in più rispetto ai 62 precedenti, in Italia lo sciopero che ne seguì fu quasi un pro-forma. Cercando di capire, nello spirito di Scuola Resistente, se alcune istanze, partendo dagli studenti, dai lavoratori e dai precari della scuola, potranno in qualche modo coalizzarsi tra loro per creare massa critica, dissenso sociale e antagonismo, Sanguinetti appare molto scettico: la differenza sostanziale tra l’Italia e la Francia, sottolinea, sta proprio nel ruolo del sindacato che mentre dai cugini d’oltralpe è riuscito in qualche modo a fare fronte comune e scendere in piazza con una piattaforma che parte dalle pensioni ma cerca di allargare il discorso a scelte politiche più generali, di sistema, da noi le posizioni dei sindacati più ” rappresentativi” appaiono, ancora oggi, totalmente appiattiti su posizioni che definire “riformiste” è un eufemismo. Di recente la responsabile del governo neofascista Giorgia Meloni, è stata non solo invitata al congresso della CGIL ma le è stata data anche la possibilità di svolgere il suo solito show.
D’altra parte, sebbene anche in Francia ci siano problemi nel portare avanti politicamente tali istanze, qui da noi il panorama è sconfortante a causa di una frammentazione cronica della cosiddetta sinistra “governativa”. Si può notare poi una sorta di parallelismo tra l’organizzazione del lavoro e le gerarchie interne al mondo della scuola e il sistema pedagogico imperante basato sulla standardizzazione, sull’Invalsi e in sostanza su un modello che è appiattito sulle esigenze del sistema industriale capitalistico che chiede competizione, “imprenditorialità di sé stessi” e conoscenze che abbiano una finalità pratica mercificabile, ovvero le competenze. I fondi del PNRR in gran parte destinati non a stabilizzare il personale, a rimpicciolire le classi e a renderle strutturalmente più belle e confortevoli, ma a dare un grosso contributo al filone “digitale”, vanno proprio in direzione di un appiattimento totale rispetto al mercato. Si è fatto poi cenno all’altra faccia della medaglia del modello capitalistico liberista applicato alla scuola e alla Sanità rappresentato dal suo braccio armato ovvero tutto l’apparato industriale bellico.
Proprio in questi giorni, per esempio, si celebra il centenario dell’aviazione militare e molti manifesti giocano sull’equivoco del termine “open day”: ponendoli ad arte vicino ad un istituto scolastico il termine, infatti, può essere istintivamente scambiato non per una giornata di festa o di semplice intrattenimento rispetto al volo aereo e all’aeronautica ma appunto di orientamento al lavoro. Lo slogan che compare subito sotto è, appunto, “in volo verso il futuro” e accanto a questo titolo, figura in primo piano un papà col figlioletto sulle spalle che guardando l’orizzonte (quindi al futuro!) ammira le frecce tricolore, mentre alla sua destra e alla sua sinistra compaiono i simboli dell’evoluzione tecnica e culturale intervenuta dai primi del Novecento fino ai giorni nostri. L’avvicinamento giocoso e festoso dei bambini agli uomini e alle donne in divisa e per quanto riguarda i ragazzi più grandi ad un possibile futuro nelle forze armate, in un periodo storico in cui si parla tranquillamente di guerra nucleare e di armi o di munizioni all’uranio impoverito, deve vedere gli/le insegnanti “in prima linea” sul piano educativo per promuovere, al contrario, una cultura di pace.
Sanguinetti ricorda in proposito il ruolo che dovrà svolgere l’Osservatorio contro la militarizzazione della Scuola, presentato pochi giorni fa in occasione di una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati: anche i casi apparentemente più innocenti e banali che evidenzino queste forme di avvicinamento e proselitismo subdolo, in un momento storico come quello attuale, vanno decisamente stigmatizzati. L’escalation di militarizzazione, anche grazie a questo nuovo governo, va portato alla conoscenza del grande pubblico per aumentarne la consapevolezza rispetto ad un tema che spesso si sottovaluta proprio perché le forme di marketing e di comunicazione messe in campo dall’apparato bellico-industriale, sono sempre più sofisticate e sfuggono all’attenzione dei più. Non è un caso che il “Servitore del Popolo”, in Ucraina, perennemente in tenuta militare-operativa, venga proprio dal mondo dello spettacolo e che il nostro ministro della difesa, oggi che spediamo armi a un paese in guerra, svolgeva precedentemente un ruolo confindustriale nel sistema della difesa.
Fonte: Radiondadurto.org